“Ho appena saputo della scomparsa di James Keith Killby. Aveva 102 anni. Io l’ho conosciuto nel 1996, durante lo svolgimento di un progetto didattico programmato nella scuola media di Comunanza. Già da un paio d’anni stavo cercando di reperire informazioni sul campo di concentramento di Servigliano e, quando seppi dell’arrivo a Monte San Martino del fondatore del Monte San Martino Trust, con la mediazione di Antonio Millozzi, riuscii ad avere la sua disponibilità a venire e raccontare a scuola, a dei ragazzi di terza media, la sua straordinaria avventura. Ricordo ancora quell’incontro, il suo arrivo in classe, l’incedere incerto e il saluto caloroso. Conosceva bene l’italiano ma piegava la lingua a inflessioni e accenti nuovi che stimolavano l’ascolto e l’interesse verso quei fatti che raccontava. Parlò della guerra e della sua scelta di combattere il nazifascismo senz’armi, in coerenza con le sue convinzioni nonviolente. E poi, la prigionia nel campo di Servigliano e la fuga nel settembre del ’43. Una fuga che voleva dire scoperta del territorio fisico e umano della Valle del Tenna. Più volte disse che senza l’aiuto dei contadini nessuno dei duemila prigionieri si sarebbe salvato. E lui doveva la sua vita ad alcune famiglie di contadini di Monte San Martino, che l’accolsero: lo vestirono, lo nutrirono e lo curarono. Furono mesi difficili, coi tedeschi che rastrellavano le campagne dando luogo a violenze e minacciando vendette terribili contro chi aiutava i prigionieri alleati in fuga. La sua fu una vicenda fra mille altre simili. La fuga dei prigionieri alleati nell’Italia del centro-nord, dopo l’8 settembre del ’43, è considerata dagli storici la più grande fuga di massa della storia moderna. Pare fossero 50mila, tutti aiutati da gente comune che spesso pagò con la vita il proprio coraggio. A me colpì anche la sua capacità di far emergere la dimensione umana contenuta nel fatto storico. Negli anni Sessanta, si impegna nella costituzione del Monte San Martino Trust, associazione anglo-italiana, che aveva lo scopo di offrire borse di studio a giovani della Valle del Tenna, come gesto di gratitudine agli sconosciuti contadini che salvarono la vita a quella moltitudine di uomini. E’ straordinario come egli sia stato capace di coagulare il valore della gratitudine in questa importante associazione, il Trust, che veniva finanziato dagli ex prigionieri salvati. Ho avuto modo di incontrarlo altre volte, e per questa sua sensibilità mi è sempre parso tenace e sereno. In realtà era un giovane di appena 102 anni, che avrebbe avuto da dire ancora molto.”
Filippo Ieranò – Fondatore e Presidente Onorario di La Casa della Memoria
SERVIGLIANO – Si è spento nella sua Londra, all’età di 102 anni, James Keith Killby, uno degli ultimi sopravvissuti del campo di prigionia di Servigliano. Conosciuto in tutto il mondo, anche per le sue concrete azioni di relazioni culturali, in occasione dei suoi 100 anni aveva ricevuto telegrammi da parte del Presidente Sergio Mattarella e dalla Regina Elisabetta. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Killby venne catturato in Libia e imprigionato proprio nel campo di Servigliano. Ufficiale alleato, nel settembre 1943 con altri duemila soldati fuggì dal campo di Servigliano risalendo il Tenna e, grazie all’aiuto di una famiglia di Monte San Martino, trovò un nascondiglio sicuro e riuscì a salvarsi. Rientrato a Londra, dopo venti anni di studi e ricerche fondò il Monte San Martino Trust, alimentato finanziariamente dalle famiglie degli ex soldati. Si tratta di una Fondazione che dal 1989 assegna borse di studio in Inghilterra a studenti del Fermano e del Maceratese di età compresa tra 18 e 25 anni. Un modo concreto per dire “Grazie” alle famiglie che salvarono, dopo l’armistizio, oltre duemila soldati alleati in fuga. In 30 anni sono state assegnate oltre 800 borse di studio: un’azione senza precedenti, sostenuta da privati, a livello mondiale. Tornò a visitare il campo di Servigliano negli anni Sessanta e in quel periodo avviò le ricerche delle persone che salvarono la vita ai militari alleati. Nel 2003, una delle sue ultime passeggiate tra Monte San Martino e Servigliano e proprio qui Killby indicò la porzione delle mura di cinta da dove i soldati alleati fuggirono nel settembre 1943. “Ero un giovane ufficiale – raccontava Killby –. Dopo l’armistizio, aprimmo una breccia nel muro del campo di Servigliano e ci dirigemmo verso il fiume. La salvezza? La trovammo nelle case dei contadini: ci sfamarono e ci nascosero, a rischio della vita. Che Dio li abbia in gloria. Eravamo disperati, dannati, col timore di essere ripresi dai tedeschi e uccisi. Nessuno potrà mai ripagare quelle famiglie di così tanta generosità”. Era uno degli ultimi testimoni di quelle pagine di storia. James Keith Killby nel corso della sua straordinaria vita aveva ricevuto le massime onorificenze al merito della Repubblica italiana e dell’Ordine dell’Impero Britannico. Nel 1988 divenne cittadino onorario di Monte San Martino, mentre il Comune di Servigliano nel 2001 gli conferì il Leone d’Argento. Numerose le attività organizzate in collaborazione con la Casa della Memoria di Servigliano. Il Monte San Martino Trust, rappresentato da sempre in Italia da Antonio Millozzi, continua la sua attività, alimentato dalla seconda e terza generazione di quei soldati che, radunati da Killby, testimoniano concretamente il ringraziamento alle famiglie del Fermano e del Maceratese.
Fabio Paci