Premessa

Nel 2020 nel Comune di Servigliano è stato completato, da parte dell’archivista Marco Di Marco, un intervento di schedatura, riordinamento e inventariazione che ha interessato l’archivio storico comunale di Servigliano; al termine dell’intervento, autorizzato dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica delle Marche e finanziato dalla Regione Marche e dal Comune di Servigliano nell’ambito del Bando per il sostegno a progetti di rilievo regionale per la valorizzazione delle biblioteche e degli archivi del territorio marchigiano, è stato redatto un inventario [1]. Il fondo riordinato è conservato presso il palazzo municipale di Servigliano.

L’intervento ha avuto come obiettivo quello di restituire al Comune di Servigliano il proprio archivio storico ordinato e inventariato, in modo da consentirne l’agevole consultazione, attraverso la schedatura delle unità archivistiche, il riordino, la segnatura e la redazione di un inventario sommario, con particolare attenzione nella descrizione archivistica di alcune serie di maggior rilievo, come ad esempio le deliberazioni del Consiglio e della Giunta, e la documentazione relativa al campo di prigionia (poi Centro raccolta profughi) eretto nel biennio 1915-1916 a Servigliano e che, dalla prima guerra mondiale e fino al 1955, ha inevitabilmente condizionato le vicende storiche del paese.

Il Campo di Servigliano

Il Campo di Servigliano, costruito nell’arco di circa dieci mesi, tra l’autunno del 1915 e l’estate del 1916, su progetto iniziale della Sezione del Genio militare di Ancona – Sottosezione di Chieti, fu utilizzato, successivamente all’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale, come campo di prigionia per soldati austroungarici (1916-1919), poi come campo di rieducazione per soldati italiani redenti (1919-1920); nel primo dopoguerra come campo deposito militare (1920-1940) e, all’incirca dal 1935, in seguito allo smantellamento di uno dei due settori in cui il Campo era suddiviso, come campo di calcio per il Dopolavoro comunale; durante la seconda guerra mondiale come campo di prigionia per soldati alleati (1941-1943) e campo di internamento per ebrei (1943-1944); sul finire del secondo conflitto mondiale come campo di addestramento per soldati polacchi (1944-1945) e come campo per esuli sloveni (1944-1946); infine, nel secondo dopoguerra, come Centro raccolta profughi per cittadini italiani o che scelsero di optare per la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 19 del Trattato di pace tra le Potenze alleate ed associate e l’Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 [2], gestito inizialmente dal Ministero dell’assistenza postbellica e successivamente dal Ministero dell’Interno (1946-1955).

 

Documentazione sul Campo conservata nell’Archivio storico comunale di Servigliano

Durante l’intervento di riordinamento del 2020 sono stati rintracciati nell’archivio storico comunale di Servigliano, a titolo esemplificativo, un “Registro di seppellimento prigionieri di guerra” (1942); una busta dal titolo “Internati” con fascicoli individuali degli internati, istruzioni della Regia questura, carteggio e altri atti (1940-1945); un fascicolo dal titolo “Campo profughi Servigliano” con carteggio ed atti relativi alla ristrutturazione dell’ex campo di prigionia, alla sua gestione e all’organizzazione dell’accoglienza dei primi profughi (1945-1950); quattro buste con registri delle visite, registri delle medicazioni, ricettari dei medicinali, bollettari somministrazione e scarico medicinali inerenti all’assistenza medica dei profughi in carico presso il Centro raccolta profughi (1946-1955 ca.); diverse scatole con carte d’identità scadute appartenute a profughi (1944-1967); un fascicolo dal titolo “Progetto cantiere di lavoro per disoccupati profughi giuliani, dalmati e rimpatriati dall’Africa, del locale Centro raccolta […]” (1954-1956); una busta dal titolo “Smantellamento ex campo concentramento e progetto lavori di sistemazione e risanamento” (1973-1979).

Molti di questi documenti sono risultati del tutto inediti, altri invece già noti a ricercatori e storici che in precedenza avevano trattato la storia del Campo di Servigliano; tra la documentazione nota si annovera in particolar modo una serie di 1.151 Schede individuali provvisorie (1943-1975) relative a sfollati e profughi, prodotte dall’allora ufficio anagrafe del Comune di Servigliano e oggi conservate nell’ufficio Servizi demografici del medesimo Comune.

La ricerca e lo studio della sopra citata documentazione, indispensabile ad una puntuale e circoscritta ricostruzione  della storia del Campo di Servigliano, ha da sempre rappresentato un precipuo interesse tra le attività svolte dall’Associazione La Casa della Memoria.

Nel corso del 2022 è stato avviato un intervento di riordinamento, descrizione analitica e digitalizzazione su parte della succitata documentazione, in particolare del periodo di interesse del secondo dopoguerra.

L’intervento, autorizzato dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica delle Marche, finanziato dalla Regione Marche nell’ambito del bando relativo ai Contributi per attività inerenti l’affermazione dei valori del ricordo del martirio e dell’esodo Giuliano-Dalmata-Istriano annualità 2022, e realizzato dall’archivista Marco di Marco in collaborazione con l’associazione La Casa della Memoria, ha avuto come obiettivo quello dell’agevole consultazione, anche da remoto, della documentazione presa in esame, per finalità di studio, didattiche, espositive e di pubblicazione. 

Va qui ricordato che la documentazione inerente al Campo prodotta e conservata dal Comune di Servigliano, per questo periodo, riguarda esclusivamente i documenti di identità di profughi e sfollati, le schede individuali provvisorie – documenti preparatori per la successiva ed eventuale trascrizione nei registri della popolazione – la documentazione relativa alla formazione delle liste elettorali e l’importante documentazione interlocutoria tra lo stesso Comune di Servigliano e organi centrali e periferici del Sato (carteggio ed altri atti), in quanto l’amministrazione diretta del Campo di Servigliano è stata prerogativa esclusiva di organi centrali e periferici dello Stato italiano – monarchico prima (1915-1943), della Repubblica sociale italiana poi (dal settembre 1943 al giugno 1944, con il sostanziale controllo dell’occupante militare tedesco), e, infine, delle autorità dell’Allied Military Government e dello Stato repubblicano italiano (dal 1944 al 1955) – quest’ultima documentazione è oggi eventualmente rintracciabile presso diversi istituti di conservazione, come gli archivi di stato italiani, quello di diversi ministeri, ma anche all’estero presso i comandi militari tedesco e alleati.

Denominazioni del Campo di Servigliano nei documenti dal 1945 al 1947

A tal proposito, grazie al carteggio conservato nel citato fascicolo intitolato “Campo profughi Servigliano” (1945-1950), è stato possibile redigere una lista con le diverse denominazioni con le quali, nei documenti, ci si riferisce tanto al luogo quanto alle istituzioni che hanno amministrato il Campo profughi di Servigliano prima della ufficiale istituzione del CRP – Centro raccolta profughi; le date sono quelle dei documenti da cui le denominazioni sono tratte:

  • 15.07.1945: Ex campo di concentramento per prigionieri di guerra
  • 01.08.1945: Campo concentramento Servigliano
  • 08.10.1945: Kingdom Yougoslavy – Central Committee of Slovean Emigrants
  • 15.11.1945: OC IT90 Refugee Camp Servigliano (Kingdom Yougoslavy – Central Committee of Slovean Emigrants)
  • 07.12.1945: Campo profughi sloveni (Kingdom Yougoslavy – Central Committee of Slovean Emigrants)
  • 01.01.1946: Campo profughi di Servigliano
  • 01.01.1946: Campo di concentramento
  • 12.01.1946: Centro raccolta e smistamento profughi sloveni
  • 10.01.1946: Centro di raccolta e smistamento profughi
  • 11.03.1946: UNRRA Servigliano DP Camp Ancona Camps Group
  • 10.05.1946: UNRRA Servigliano DP Camp
  • 19.06.1946: No. 9 DP & RSC Centre
  • 15.07.1946: Campo di smistamento e raccolta profughi
  • 30.08.1946: Campo di concentramento profughi
  • 11.09.1946: Campo profughi
  • 10.10.1947: Repubblica italiana – Ministero dell’Interno – Centro raccolta profughi

Intervento sulla documentazione del periodo storico del secondo dopoguerra

La documentazione archivistica oggetto dell’intervento del 2022 è la seguente:

  • fascicolo “Campo profughi Servigliano” (1945-1950, cc. 251, buste da lettere 3, fotografia 1)
  • fascicolo “Progetto cantiere di lavoro per disoccupati profughi giuliani, dalmati e rimpatriati dall’Africa, del locale Centro raccolta: sistemazione strada comunale ‘Chiaramonte’ ed altre. Cantiere n. 021840/L” (1954-1956, fasc. 1)
  • Carte d’identità profughi (1944-1967 – con allegati dal 1939, schede 1.555, allegati cc. 37)
  • Schede individuali provvisorie sfollati e profughi (1943-1975, schede 1.151, allegati cc. 18)

Le fasi di intervento previste dal progetto hanno consentito: il riordino della documentazione, la depolveratura e il ricondizionamento, la schedatura analitica, la segnatura e la digitalizzazione delle singole unità archivistiche. Il lavoro di inventariazione ha consentito anche il contestuale aggiornamento dell’inventario dell’Archivio storico del Comune di Servigliano redatto nel 2020 [3].

Nella fase di schedatura, oltre alla descrizione secondo gli standard previsti dalla disciplina archivistica, la documentazione è stata sottoposta ad una analisi analitica per il rilievo di voci di soggetto utili ad una più puntuale ed agevole ricerca della documentazione medesima e, in particolare, dei nominativi di sfollati e profughi transitati nel Campo di Servigliano. 

Del fascicolo “Campo profughi Servigliano” è stato effettuato uno spoglio completo di tutti gli atti in esso contenuti; sono stati inoltre rilevati tutti i nominativi dei profughi citati nei documenti, con relativi dati anagrafici, il luogo di provenienza, gli estremi cronologici di presenza nel Campo di Servigliano. I dati di questi profughi, spesso limitati al solo nome e cognome, sono stati, ove possibile, integrati con dati eventualmente presenti nelle schede individuali o nelle carte d’identità di pertinenza.

Sono stati individuati 98 profughi, tra sloveni e italiani, dei quali 66 riconducibili alle rispettive schede individuali o carte d’identità.

Delle Carte d’identità profughi e delle Schede individuali provvisorie profughi sono stati trascritti tutti i dati in esse presenti, utili ad individuare in maniera univoca i singoli soggetti titolari di tali documenti. In particolare le schede individuali provvisorie si sono rilevate il documento in assoluto più completo in quanto contenenti, oltre ai dati anagrafici, i luoghi dai quali sono stati rimpatriati, il campo di smistamento o il porto di sbarco in Italia, il successivo luogo di emigrazione e i ruoli di parentela all’interno dei nuclei familiari.

Dalle carte d’identità sono stati individuati 1.555 profughi, di cui 1.098 riconducibili alle rispettive schede individuali.

Dalle schede individuali provvisorie profughi sono state individuate 1.131 nuclei familiari per un totale di 3.626 profughi di cui 1.922 donne e 1.704 uomini.

I paesi di provenienza dei profughi, rilevati dalle schede individuali provvisorie profughi, sono i seguenti: Istria e Dalmazia [attuali Slovenia e Croazia] (773 nuclei familiari), Libia (160 n. f.), Romania (112 n. f.), Eritrea (24 n. f.), Italia [centri di smistamento o altri CRP] (16 n. f.), Grecia (13 n. f.), Polonia (7 n. f.), Bulgaria (3 n. f.), Cecoslovacchia [attuale Repubblica Ceca] (3 n. f.), Tunisia (3 n. f.), Albania (2 n. f.), Francia (2 n. f.), Iran (2 n. f.), Jugoslavia [attuali Serbia  e Bosnia ed Erzegovina] (2 n.f.), Austria (1 n. f.), Cina [Tientsin, concessione commerciale italiana] (1 n. f.), Egitto (1 n. f.), Germania (1 n. f.), Lussemburgo (1 n. f.), Montenegro (1 n. f.), Ungheria (1 n. f.), provenienza ignota (2 n. f.).

Del fascicolo “Progetto cantiere di lavoro per disoccupati profughi […]”, insieme ad una accurata descrizione, sono stati digitalizzati solo alcuni documenti a titolo esemplificativo, trattandosi per la maggior parte di documenti e disegni tecnici, non significativi ai fini della storia del CRP di Servigliano e dei profughi.

Sono stati individuati 12 profughi, tutti riconducibili alle rispettive schede individuali.

Il totale sono stati dunque individuati 4.115 profughi transitati nel CRP di Servigliano [4]. 

Altre schede individuali provvisorie, in numero assai esiguo, riguardano individui e nuclei familiari sfollati da altre regioni italiane durante il periodo del secondo conflitto mondiale, negli anni 1943-1944, in parte ospitati nelle baracche di quello che al tempo veniva denominato nei documenti “ex campo di concentramento”.

Note sulla consultazione

Per ogni tipologia documentaria è stata redatta una scheda introduttiva – alle quali si rimanda – relativa alla contestualizzazione storica della documentazione stessa, ai criteri di ordinamento, alle modalità di intervento e descrizione, utile all’orientamento degli utenti –  storici, ricercatori o semplici interessati all’argomento.

Per una corretta restituzione dei dati presenti nei documenti sono state adottate alcune soluzioni utili ai fini di una più agevole ricerca e ad una corretta contestualizzazione del periodo storico. In particolare, per quanto riguarda i dati relativi ai toponimi (nomi propri di luoghi), si è scelto di fornire all’utente una restituzione di tali dati che tenesse minimamente conto dei cambiamenti che i nomi delle località, citate nei documenti, hanno subito nel corso dei decenni.

Un caso particolare è ovviamente rappresentato dalle località della regione altoadriatica a causa degli spostamenti dei confini e delle numerose forme statali differenti che, nel giro di poco meno di ottant’anni, si sono qui succedute: l’Impero asburgico, il nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e l’annessione da parte dello stato monarchico italiano al termine della Grande guerra; il fascismo e la RSI; la seconda guerra mondiale e l’occupazione militare tedesca; la sconfitta militare italiana e la conseguente perdita di tali territori; la Jugoslavia socialista e la dissoluzione di quest’ultima; la nascita delle repubbliche di Slovenia e Croazia. 

Sono molti, e molto complessi, i casi in cui si è registrata la germanizzazione, l’italianizzazione o slavizzazione di tali toponimi, un dato questo dal forte contenuto storico e politico.

Altro caso è quello, molto più modesto, del cambio o aggiornamento di nome di località italiane, la soppressione di un comune o il passaggio da una provincia all’altra, per finire con gli errori di trascrizione sui documenti; casi che hanno reso necessaria una “normalizzazione” di numerosi toponimi. 

Tutti i toponimi presenti sui documenti sono, per i motivi sopra descritti, riportati nelle seguenti forme:

  • Toponimo presente sul documento 
  • Toponimo italiano o italianizzato attuale
  • Toponimo parallelo attuale [solo per le attuali località slovene, croate e delle ex colonie italiane d’africa].

L’intera documentazione, oggetto dell’intervento finora descritto, è accessibile per la consultazione, anche attraverso la visualizzazione dell’immagine digitalizzata, attraverso un motore di ricerca dedicato. 

Tutte le procedure necessarie alla di digitalizzazione dei documenti sono state eseguite nel rispetto e in conformità a quanto indicato nelle linee guida dello standard internazionale per pianificare la digitalizzazione di collezioni di documenti libri rari e manoscritti [5].

Tutela del diritto di privacy e trattamento dei dati storici

Nella pubblicazione dei dati relativi ai profughi sono state rispettate le norme prescritte dal Codice dei beni culturali (d.lgs. 42/2004) all’art. 122, le quali prevedono la consultabilità di documenti contenenti dati che rivelano lo stato di salute, la vita sessuale e i rapporti riservati di tipo familiare dopo 70 anni dall’ultima data presente nel documento. 

Inoltre, a tutela del diritto di privacy dei soggetti citati nella documentazione presa in esame e dei loro familiari, sono state rispettate le norme di diffusione dei dati sensibili così come descritte nel Codice di deontologia e buona condotta per il trattamento dei dati storici (art. 11, Diffusione) che, al di là della possibile consultabilità della documentazione, prevede un uso critico, relativamente alla diffusione, che valuti caso per caso la possibile lesione di diritti di riservatezza riguardanti la sfera privata; in particolare, a seconda dei casi che si sono presentati, si è optato per l’oscuramento di dati e annotazioni di carattere riservato. Per la consultazione dei dati oscurati va inoltrata motivata richiesta all’Associazione La Casa della Memoria.

Nota

Attualmente sono disponibili per la ricerca online le Schede individuali provvisorie profughi.

[1] Di Marco, M. (2020). Inventario dell’archivio storico del Comun di Servigliano, e successivo aggiornamento del 2022.

[2] L’art. 19 del Trattato di pace fra l’Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, è così formulato: 

“Art. 19. – 1. I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato subentrante. 

  1. Il governo dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione entro tre mesi dalla entrata in vigore del presente Trattato, perché tutte le persone di cui al par. 1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si considererà aver acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il territorio viene trasferito. L’opzione esercitata dal marito non verrà considerata opzione da parte della moglie. L’opzione esercitata dal padre, o se il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai diciotto anni. 
  2. Lo Stato al quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono dell’opzione si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui l’opzione venne esercitata. 
  3. Lo Stato al quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio stesso, senza distinzione di razza, lingua o religione, il godimento dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica, e di pubblica riunione”.

Soggetto produttore

Comune di Servigliano

Fondo: Archivio storico del Comune di Servigliano

Partizione: Postunitario

Sezione: Assistenza e beneficenza

Serie: Atti diversi

Titolo unità archivistica

“Campo profughi Servigliano”

Estremi cronologici

15.07.1945 – 24.08.1950

Consistenza

cc. 251, buste da lettere 3, fotografia 1

Descrizione

L’unità è costituita da sei fascicoli: “Sfollati e sinistrati concentrati nel Campo concentramento” (15 luglio 1945 – 4 marzo 1947, cc. 58, busta da lettere 1); “Campo profughi” (17 settembre 1947 – 10 novembre 1947, cc. 13, busta da lettere 1); “Profughi istriani” (30 gennaio 1947 – 25 dicembre 1947, cc. 25); “Consegna titoli di viaggio del CICR a profughi in questo Centro […]” (6 febbraio 1948 – 1° aprile 1948, cc. 16); “Passaporto Svizzera – Ceccamore Elena” (15 novembre 1947 – 11 giugno 1949, cc. 28, fotografia 1); “Corrispondenza” (19 novembre 1947 – 24 agosto 1950, cc. 121, busta da lettere 1). È inoltre presente un bollettario di matrici di “trasporti per conto dello Stato” non compilate. 

In particolare si conservano atti e carteggio intercorso tra il Comune di Servigliano e le autorità dell’Allied Military Government (Governo militare alleato) e italiane, periferiche e centrali, in merito alla ristrutturazione dell’ex campo di prigionia di Servigliano, alla sua gestione, all’organizzazione dell’accoglienza dei primi profughi – inizialmente sloveni poi italiani – ivi accolti, e alle richieste ed esigenze di questi ultimi.

Nei primi mesi del secondo dopoguerra il Campo di Servigliano era amministrato da comandi delle autorità Alleate (tra cui il Kingdom Yougoslavy – Central Committee of Slovean Emigrants), dall’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), dall’IRO (International Refugee Organization) e da organizzazioni internazionali come la Croce rossa e vide l’afflusso, principalmente, di profughi sloveni, trasferiti poi in altri campi a loro riservati come quello dell’IRO di Senigallia e di al tre località.

Successivamente il Campo – che assunse la denominazione ufficiale di Centro raccolta profughi – amministrato dell’Ufficio provinciale dell’assistenza postbellica di Ascoli Piceno – organo periferico del neo costituito Ministero dell’assistenza postbellica, venne destinato all’accoglienza esclusiva di profughi italiani provenienti in maggioranza dalle regioni di Istria e Dalmazia e delle ex colonie italiane in Africa (Libia ed Eritrea), ma anche da Romania, Grecia, Polonia, Bulgaria, Cecoslovacchia, Tunisia, Albania, Francia, Iran, attuali Serbia  e Bosnia ed Erzegovina, Austria, Cina, Egitto, Germania, Lussemburgo, Montenegro e Ungheria;.

Criteri di ordinamento

Gli atti sono stati ordinati cronologicamente all’interno dei rispettivi fascicoli, rispettando il vincolo archivistico dei documenti in origine cuciti insieme.

Nota dell’archivista

Dell’intero carteggio e di tutti gli altri atti presenti nel fascicolo qui descritto, conservato nel deposito dell’archivio storico del Comune di Servigliano, oggetto di un intervento di riordino, descrizione archivistica e digitalizzazione, è stato effettuato uno spoglio completo; sono stati inoltre evidenziati, ove presenti, i nomi delle istituzioni che hanno svolto un ruolo nell’amministrazione del Campo di Servigliano e nella gestione dei profughi, degli amministratori, dei funzionari, dei dipendenti, dei profughi e di tutte le altre persone importanti per la storia del Campo. 

Tutti i nominativi dei profughi presenti nei documenti in oggetto, con relativi dati anagrafici, il luogo di provenienza, gli estremi cronologici di presenza nel Campo di Servigliano, sono stati indicizzati e sono accessibili attraverso un motore di ricerca dedicato. I dati di questi profughi, spesso limitati al solo nome e cognome, sono stati, ove possibile, integrati con dati eventualmente presenti nelle Schede individuali provvisorie profughi o nelle Carte d’identità profughi di pertinenza, oggetto anch’esse del presente lavoro di riordino e digitalizzazione.

Numero acquisizioni digitali

289 (tutti i documenti oltre alle camicie dei diversi fascicoli)

Soggetto produttore

Comune di Servigliano

Fondo: Archivio storico del Comune di Servigliano

             Partizione: Postunitario

                                Sezione: Stato civile e anagrafe

                                                Serie: Carte d’identità scadute 

                                                           Sottoserie: Carte d’identità profughi

Estremi cronologici

1944-1967 (con allegati dal 1939)

Consistenza

schede 1555, allegati cc. 37

Descrizione

La carta d’identità è un documento di riconoscimento strettamente personale nel quale sono contenuti i dati anagrafici, e altri dati ed elementi (lo stato civile, la cittadinanza, la professione, una fotografia, a volte l’impronta digitale dell’indice sinistro, la firma del possessore e altro ancora) utili a identificare la persona a cui tale documento si riferisce. In Italia questo tipo di documento fu introdotto nel 1931, per motivi di pubblica sicurezza (r.d. 18 giugno 1931, n. 773 “Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”).

Il documento che qui si descrive è la copia in forma di scheda cartacea che restava al Comune, sulla quale venivano trascritte anche annotazioni riguardo ai cambi di residenza e i successivi rinnovi del documento; quest’ultimo dato è risultato molto utile per individuare quei profughi che si sono trattenuti a Servigliano per un periodo più lungo rispetto alla norma, o che vi hanno stabilito la propria residenza per motivi diversi, tra i quali il lavoro o il matrimonio con serviglianesi. Da notare che nelle carte d’identità dei profughi, nel campo riservato alla residenza, vi è quasi sempre scritto “provvisoria Servigliano”.

Criteri di ordinamento

Le carte d’identità sono state ordinate alfabeticamente per cognome e nome; in caso di omonimia (cognome, nome) per ordine alfabetico della paternità e, quando anche per questi si verifichi identità, per ordine alfabetico della maternità.

Nota dell’archivista

Le carte d’identità qui descritte, oggetto di un intervento di riordino, descrizione archivistica e digitalizzazione, conservate nel deposito dell’archivio storico del Comune di Servigliano, sono state estratte dalla serie Carte d’identità scadute – già inventariate nell’intervento di riordino dell’archivio storico del medesimo Comune nel 2020 [6] – e dunque organizzate in una nuova sottoserie.

Alcune carte d’identità hanno allegati documenti prodotti dal Comune di Servigliano, da altri comuni o da enti che si sono alternati nell’amministrazione del Campo profughi di Servigliano come l’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), il Kingdom Yougoslavy – Central Committee of Slovean Emigrants, la Direzione generale assistenza post-bellica del Ministero dell’Interno. Vi sono, infine, carte d’identità che hanno come allegato altre carte d’identità rilasciate dai comuni di provenienza di profughi.

Tutti i dati presenti nelle singole carte d’identità sono stati rilevati integralmente e resi accessibili attraverso un motore di ricerca dedicato.

Numero acquisizioni digitali

1.700 (tutte le schede e gli allegati, fronte e retro ove vi è presenza di dati)

Di Marco, M. (2020). Inventario dell’archivio storico del Comune di Servigliano, e successivo aggiornamento del 2022.

Soggetto produttore

Comune di Servigliano

Fondo: Archivio storico del Comune di Servigliano

              Partizione: Postunitario

                                   Sezione: Stato civile e anagrafe

                                                   Serie: Schede individuali provvisorie

Estremi Cronologici

1943-1975

Consistenza

schede 1151, allegati cc. 18

Descrizione

Le schede individuali provvisorie venivano compilate a norma del r.d. 2 dicembre 1929, n. 2132 “Approvazione del regolamento per la formazione e la tenuta dei registri di popolazione in ciascun Comune del Regno” e successivi aggiornamenti.

Il suddetto decreto prevedeva la tenuta da parte dei comuni di un registro della popolazione stabile (art. 1); il registro era composto di fogli di famiglia e schede individuali (art. 3).

Le schede individuali (mod. B) dovevano contenere “il cognome, nome, paternità, maternità e sesso della persona, la data e il luogo di nascita, lo stato civile e i suoi ulteriori cambiamenti (e cioè se è celibe, nubile o coniugato/a o vedovo/a, separato/a legalmente o divorziato/a), la professione o condizione”. Si dovevano inoltre indicare “le abitazioni successivamente occupate dalla persona nel Comune, e, se essa è immigrata da altro Comune o dall’estero, rispettivamente il Comune o il Paese di provenienza e tutte le altre notizie indicate nel mod. B” (art. 7).

L’art. 18, in particolare, prevedeva per persone dimoranti provvisoriamente nel Comune, la redazione di schede provvisorie. Dette schede erano “contenute in uno schedario a parte dal quale” dovevano “essere tolte per essere trasformate in schede definitive, quando la persona abbia fissata la propria residenza nel Comune”.

Le prassi di redazione delle schede provvisorie venne adattata allo stato emergenziale dovuto alla presenza di profughi sul territorio comunale. Le schede provvisorie individuali previste per i profughi riportano infatti, oltre a tutti i dati individuali previsti dall’art. 7, i dati di tutti i componenti del nucleo familiare e, in testa alla scheda lo status di profugo, il luogo originario di provenienza e se rimpatriato dall’estero.

Criteri di ordinamento

Le schede sono state ordinate alfabeticamente per cognome e nome; in caso di omonimia (cognome, nome) per ordine alfabetico della paternità e, quando anche per questi si verifichi identità, per ordine alfabetico della maternità.

Nota dell’archivista

Le schede individuali provvisorie qui descritte, oggetto di un intervento di riordino, descrizione archivistica e digitalizzazione, conservate in uno schedario dell’ufficio servizi demografici del Comune di Servigliano, sono state organizzate in sottoserie in quanto, oltre alle schede relative ai profughi italiani ospitati nel Centro raccolta profughi di Servigliano – provenienti dalle regioni di Istria e Dalmazia [attuali Slovenia e Croazia] (773 nuclei familiari), Libia (160 n. f.), Romania (112 n. f.), Eritrea (24 n. f.), Italia [centri di smistamento o altri CRP] (16 n. f.), Grecia (13 n. f.), Polonia (7 n. f.), Bulgaria (3 n. f.), Cecoslovacchia [attuale Repubblica Ceca] (3 n. f.), Tunisia (3 n. f.), Albania (2 n. f.), Francia (2 n. f.), Iran (2 n. f.), Jugoslavia [attuali Serbia  e Bosnia ed Erzegovina] (2 n.f.), Austria (1 n. f.), Cina [Tientsin, concessione commerciale italiana] (1 n. f.), Egitto (1 n. f.), Germania (1 n. f.), Lussemburgo (1 n. f.), Montenegro (1 n. f.), Ungheria (1 n. f.), provenienza ignota (2 n. f.) – sono presenti, in piccola quantità, schede relative a individui e nuclei familiari sfollati da altre regioni italiane durante il periodo del secondo conflitto mondiale, negli anni 1943-1944, in parte ospitati nelle baracche di quello che al tempo veniva denominato nei documenti “ex campo di concentramento”.

Alcune schede hanno allegati documenti prodotti dal Comune di Servigliano, da altri comuni o da altri enti ancora. Vi son infine schede che hanno come allegato altre schede individuali provvisorie, intestate ad altri componenti del nucleo familiare.

La serie Schede individuali provvisorie è stata dunque suddivisa nelle seguenti sottoserie:

  • Schede individuali provvisorie sfollati (1943-1954, schede 20)
  • Schede individuali provvisorie profughi (1946-1975, schede 1131, allegati cc. 18).

Tutti i dati presenti nelle singole schede provvisorie individuali, relativi ai campi famiglia e ai componenti il nucleo familiare, sono stati rilevati integralmente e resi accessibili attraverso un motore di ricerca dedicato.

Numero acquisizioni digitali

1.930 (tutte le schede e gli allegati, fronte e retro ove vi è presenza di dati)

Soggetto produttore

Comune di Servigliano

Fondo: Archivio storico del Comune di Servigliano

              Partizione: Postunitario

                                   Sezione: Lavori pubblici

                                                   Serie: Infrastrutture

Titolo unità archivistica 

“Progetto cantiere di lavoro per disoccupati profughi giuliani, dalmati e rimpatriati dall’Africa, del locale Centro raccolta: sistemazione strada comunale ‘Chiaramonte’ ed altre. Cantiere n. 021840/L”

Estremi cronologici

01.02.1954 – 03.12.1956

Consistenza

fasc. 1

Descrizione

Il fascicolo è costituito da atti relativi al cantiere – scuola di lavoro per disoccupati e profughi del Centro raccolta profughi – CRP di Servigliano, istituito e finanziato a norma della legge 29 aprile 1949 n. 264 e successive modificazioni “Cantieri per l’esecuzione di opere di pubblica utilità”. 

Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale – Direzione generale occupazione interna e migrazioni – Divisione VII, in data 22 febbraio 1955 n. 710 istitutiva il Cantiere scuola di lavoro in oggetto, nominando quale ente gestore il Comune di Servigliano ed ente vigilatore l’Ufficio del Genio civile di Ascoli Piceno.

Tale progetto fu approvato dall’Ufficio del Genio civile di Ascoli Piceno con nota n. 8243 in data 30.06.1954 e vistato dall’Ufficio del lavoro e della massima occupazione di Ascoli Piceno.

I lavori consistettero nella sistemazione della strada comunale Chiaramonte e di altre interessanti il comune di Servigliano. 

Per la detta strada Chiaramonte della lunghezza di ml 946 che collega la provinciale Matenana con la comunale per Belmonte Piceno erano previsti movimenti di terra per l’allargamento e correzione di livellette per un totale di mc 883 e mc 3.280 di riporto, formazione di cassonetto con relativa massicciata e inghiaiatura e costruzione di alcuni tombini. 

Le altre vie di comunicazione interessate dai lavori sono: strada comunale denominata Peschiere dalla strada provinciale Matenana alla comunale della Valentella di ml 1.700; strada comunale Pozzuolo dalla provinciale Matenana sino all’ultimo gruppo di fabbricati presso il torrente Ete Vivo di ml 2.000; strada comunale Rocca dalla provinciale Matenana alla casa colonica Cesetti di ml 1.340; strada comunale San Filippo dalla provinciale Matenana alla comunale per Monte Leone di Fermo presso la colonìa Filoni di ml 2.040; per tutte le suddette fu prevista l’esecuzione di massicciata, inghiaiamento e costruzione di alcuni tombini.

Per l’esecuzione dei lavori furono previste 76 giornate lavorative e l’utilizzo di 40 allievi operai. Il cantiere era organizzato e diretto da un istruttore capo – Geom. Carlo Crescenzi (capo cantiere) – ed un aiuto istruttore – Geom. Vittorio Curzi.

I lavori ebbero avvio il giorno 14 aprile 1955, sospesi dal 16 al 30 giugno 1955 per la mietitura, come da autorizzazione dell’Ufficio del lavoro, e vennero ultimati il 19 agosto 1955. 

Al cantiere dovevano essere avviati esclusivamente lavoratori disoccupati iscritti nelle liste di collocamento. Essi dovevano avere una età non inferiore ai 18 anni e non superiore i 60 ed essere fisicamente idonei. All’avviamento provvedeva l’Ufficio del lavoro su domanda dei disoccupati.

Il lavoro si svolgeva dal lunedì al sabato, per sette ore di lavoro oltre un’ora di pausa per la consumazione dei pasti; all’insegnamento erano riservate tre ore, una al giorno di martedì, giovedì e sabato, per un totale di 39 ore lavorative e 3 di insegnamento settimanali.

Tra i lavoratori disoccupati impiegati, oltre ai profughi presenti nel CRP di Servigliano, sono stati coinvolti anche disoccupati residenti a Servigliano e in alcuni comuni limitrofi; per l’esattezza su 44 lavoratori solo 12 sono profughi residenti nel CRP.

Nell’allegato n. 1 – “relazione tecnica illustrativa” – del progetto di cantiere, si legge: “I lavoratori che dovranno essere ammessi al cantiere – e che formeranno la massa della permanente disoccupazione del Campo profughi, sono costituiti da elementi che provengono, per la maggior parte, dalla campagna. Trattandosi di elementi che non hanno nessuna specializzazione di lavoro, che stante l’organizzazione tecnico economica delle aziende agricole locali, basata esclusivamente sulla mezzadria classica, non possono essere riassorbiti quali braccianti agricoli, in quanto non necessari nelle aziende, salvo che in brevissimi periodi stagionali (epoca dei principali raccolti). Vivono pertanto, questi lavoratori in uno stato di disoccupazione continua, aggravata da una forte prolificità”.

Il finanziamento del cantiere prevedeva lo svolgimento di programmi didattici per i lavoratori disoccupati su materie inerenti al cantiere.

Nell’allegato 8 “programma didattico” si legge: “Per la istruzione tecnica degli allievi verranno svolte lezioni collettive, della durata di un’ora nei giorni di martedì, giovedì e sabato di ciascuna settimana, trattando i seguenti argomenti: 

  • Importanza delle strade come via di comunicazione.
  • Classificazione delle strade.
  • Che cosa è l’asse stradale, il profilo, la planimetria e le sezioni.
  • Sui lavori di esterno e di riporto.
  • Sul cassonetto.
  • Massicciata e materiali che si impiegano per la sua saturazione.
  • Opere d’arte lungo una strada: cunette, ponti, tombini, muri in sotto scarpa”.

Il fascicolo si compone di: relazione tecnica illustrativa, preventivo di spesa a carico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, preventivo di spesa a carico del Comune, calcolo analitico del fabbisogno della manodopera, computo metrico delle opere, computo metrico movimento terra, disegni tecnici, programma didattico per la istruzione tecnica degli allievi, dichiarazione di disponibilità dei terreni da occuparsi per l’esecuzione dei lavori, deliberazione con le quali il Comune si impegna a sostenere tutte le spese a suo carico; carteggio con Ministero, Genio civile di Ascoli Piceno, Uffici del lavoro e della massima occupazione di Ascoli Piceno, Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Fermo, INPS, INAIL e INAM; stati di famiglia degli operai impiegati, fogli paga.

Nota dell’archivista

Del presente fascicolo sono stati digitalizzati, oltre al frontespizio dello stesso fascicolo, solo alcuni documenti a titolo esemplificativo – tra cui un elenco dei disoccupati impiegati nel cantiere di lavoro –  trattandosi per la maggior parte di documenti e disegni tecnici, non significativi ai fini della storia del CRP di Servigliano. 

Tra i lavoratori disoccupati impiegati nei cantieri di lavoro, sono stati individuati 12 profughi, tutti riconducibili alle rispettive Schede individuali provvisorie profughi o Carte d’identità profughi. Tutti i dati relativi si suddetti sono resi accessibili attraverso un motore di ricerca dedicato.

Numero acquisizioni digitali

4

Il Ministero dell’assistenza postbellica venne istituito con d.lgt. 21 giugno 1945, n. 380. L’ordinamento e le attribuzioni del ministero vennero definiti con il successivo d.lgs.lgt. 31 luglio 1945, n. 425 che gli attribuiva le funzioni dell’Alto commissariato per i prigionieri di guerra, dell’Alto commissariato per l’assistenza morale e materiale dei profughi di guerra e dell’Alto commissariato per i reduci, enti soppressi con il medesimo decreto. Disponeva sul territorio nazionale di uffici regionali e provinciali istituiti con d.m. 19 settembre 1945. 

Il nuovo Ministero, in base all’art. 1 del decreto, aveva il compito di provvedere, promuovere, dirigere e coordinare l’assistenza morale e materiale dei partigiani, dei reduci di guerra, dei prigionieri di guerra, dei militari internati e delle loro famiglie, dei profughi e delle altre vittime civili della guerra, dei rimpatriati dall’estero. Restava al Ministero dell’interno l’erogazione del soccorso ai congiunti bisognosi dei prigionieri di guerra e ai congiunti dei civili deportati dai tedeschi. Il Ministero provvedeva all’assistenza sia direttamente, attraverso i suoi uffici centrali e periferici, sia avvalendosi di altri uffici dello Stato, di enti pubblici, nonché di associazioni, fondazioni e comitati con scopi assistenziali.

Il Ministro dell’assistenza postbellica faceva parte del Comitato che coadiuvava il presidente del consiglio posto a capo del Fondo di solidarietà nazionale, istituito con d.lgs.lgt. 8 mar. 1945, n. 72, per attenuare il disagio della popolazione sinistrata e provvedere alla prima ricostruzione delle zone liberate, alla prima sistemazione dei reduci di guerra, militari, civili e partigiani. Il Ministero articolava la sua attività sostanzialmente in due fasi. La prima aveva come obiettivo un primo intervento di emergenza. Per questo disponeva di alcuni servizi fondamentali: l’alloggio, presso i centri raccolta profughi (CRP); il ristoro; l’assistenza sanitaria; l’assegnazione di vestiario; l’organizzazione di viaggi gratuiti verso le località di residenza. La seconda aveva come scopo di assegnare un’abitazione e un lavoro stabili agli assistiti. A questo scopo provvedeva per la corresponsione di assegni provvisori o il collocamento presso amministrazioni pubbliche o imprese private, per la costruzione di abitazioni per gli assistiti o il restauro di case incendiate per rappresaglia contro i partigiani. Contemporaneamente, però, lavorava anche per il rimpatrio dei prigionieri di guerra o la ricerca dei dispersi.

Passarono alle dipendenze del nuovo ministero l’Ufficio collegamento M.G. e l’Ufficio assistenza, già dipendenti dal Ministero dell’Italia occupata soppresso con d.lgt. 5 lug. 1945, n. 391. 

Presso il Ministero era previsto anche un Comitato consultivo e fu istituita una ragioneria centrale. In base al d.lgs.lgt. 28 set. 1945, n. 646, le funzioni di assistenza del Ministero dell’assistenza postbellica si estesero anche alle famiglie dei caduti in guerra e nella lotta di liberazione nonché alle famiglie dei caduti civili della guerra; gli furono trasferiti anche il Servizio di assistenza dei connazionali rimpatriati dall’estero, salvo alcuni compiti che restarono al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e le attribuzioni della Presidenza del consiglio dei ministri in materia di cimiteri di guerra. 

A livello territoriale le nuove attribuzioni furono svolte dagli uffici provinciali dell’assistenza postbellica, istituiti in ogni capoluogo di provincia, con il compito di attuare nell’ambito della loro circoscrizione i compiti assistenziali previsti dai decreti 425/1945 e 646/1945. L’ufficio della provincia capoluogo di regione promuoveva, coordinava e vigilava l’attività degli uffici provinciali. 

A Milano fu istituito anche un ufficio distaccato del ministero che agisse nella giurisdizione dell’Allied Military Government (Governo militare alleato) (AMG), con il compito di promuovere, coordinare e vigilare l’azione degli uffici con competenza regionale dell’Alta Italia, fino a quando non furono ristabilite le condizioni di normalità interrotte dall’amministrazione alleata.

Presso ogni provincia era istituito un Comitato per l’assistenza postbellica presieduto dal capo dell’Ufficio provinciale dell’assistenza postbellica per deliberare in alcuni casi stabiliti; del Comitato facevano parte un rappresentante della Federazione provinciale dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, uno della Federazione provinciale dell’Associazione nazionale combattenti, uno del Comitato provinciale dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia e uno dell’Ente comunale di assistenza del comune capoluogo, nonché, ove vi fosse una rilevante organizzazione, uno del Comitato provinciale reduci dalla prigionia. Con successivo d.m. 15 mag. 1946, fu stabilito che il capo dell’Ufficio provinciale fosse il prefetto della provincia, alle cui dirette dipendenze fu nominato un direttore. In Valle d’Aosta il capo dell’ufficio fu il presidente del consiglio della Valle. La composizione del Comitato per l’assistenza postbellica fu integrata dal direttore dell’Ufficio provinciale e da un rappresentante dell’Associazione nazionale vittime civili di guerra e uno dell’Associazione nazionale famiglie caduti in guerra. Il capo dell’Ufficio provinciale, cioè il prefetto, poteva delegare in tutto o in parte le sue funzioni al direttore dell’Ufficio provinciale. Gli Uffici periferici per l’assistenza dei connazionali rimpatriati dall’estero che non risultassero soppressi funzionavano come Sezioni distaccate degli Uffici provinciali dell’assistenza postbellica. Con lo stesso decreto ministeriale venne soppresso l’Ufficio distaccato Alta Italia di Milano. In ragione delle molteplici competenze assunte dal Ministero dell’assistenza postbellica, queste – in concomitanza della soppressione del ministero con d.l.c.p.s. 14 feb. 1947, n. 27 – passarono alla Presidenza del consiglio dei ministri, presso la quale venne istituito un apposito sottosegretario di Stato assistito da un Comitato di coordinamento, e a vari altri ministeri. 

Le attribuzioni concernenti l’assistenza alle categorie indicate all’art. 1 del decreto 425/1945, cui si era aggiunta quella dei connazionali rimpatriati dall’estero, passarono al Ministero dell’interno, presso il quale venne costituita una Direzione generale dell’assistenza postbellica (d.c.p.s. 22 lug. 1947, n. 808). Passarono invece al Ministero della difesa le competenze già spettanti all’Alto commissariato per i prigionieri di guerra e quelle sui cimiteri di guerra. 

In base al decreto 27/1947 gli Uffici provinciali dell’assistenza postbellica, nonché le Sezioni distaccate per l’assistenza ai connazionali rimpatriati dall’estero passarono alle dipendenze del Ministero dell’interno. Le competenze della Direzione generale dell’assistenza postbellica confluirono, nel 1949, insieme a quelle in materia di assistenza e beneficenza svolte da una divisione della Direzione generale dell’amministrazione civile, in una nuova Direzione generale dell’assistenza pubblica. Infine, con d.p.r. 19 ago. 1954, n. 968, nell’ambito del decentramento dei servizi del Ministero dell’interno, gli Uffici provinciali dell’assistenza postbellica vennero soppressi e le loro funzioni confluirono in una nuova Divisione assistenza della Prefettura. Furono demandate al Comitato provinciale di assistenza e beneficenza, istituito nel marzo del 1945, le attribuzioni del Comitato provinciale per l’assistenza postbellica.

[fonte: SIAS – Sistema informativo degli Archivi di Stato; Lombardia Beni Culturali]

https://sias.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=profist&Chiave=808

https://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB000E8D/

Legenda

d.l.c.p.s = decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 

d.lgs.lgt. = decreto legislativo luogotenenziale 

d.lgt. = decreto luogotenenziale

d.m. = decreto ministeriale

d.p.r. = decreto del Presidente della Repubblica

r.d. = regio decreto

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